In volo a Bruxelles | Liceo delle Scienze Umane

Bonjour Bruxelles!

Da Martedì 10 a Giovedì 12 Aprile le nostre classi 4^ e 5^ Liceo sono state in gita a Bruxelles: una preziosa occasione per conoscere di persona il cuore dell'Europa nel suo lato artistico e -soprattutto- istituzionale.

Ecco il nostro viaggio di istruzione raccontato da due nostre alunne.

Bruxelles ha sorpreso tutti.
Il primo giorno, Martedì 10 Aprile, verso le quattro di pomeriggio, siamo arrivati alla “Grand Place” e ci siamo trovati dentro a una piazza medievale ricamata d’oro. Lo sguardo si incantava su quella regalità, come se si incastrasse tra i ricami.
C’erano vie umide e mandide di pioggia, a Bruxelles, e la rugiada faceva da cornice alle strade rumorose piene di colori e pozzanghere. Il suo cielo era sporco e grigio, sembrava dovesse sempre piovere; le viuzze erano antiche e medievali, un po’ malinconiche anche: quasi in bianco e nero. Eravamo circondati da negozietti, bistrò, caffè, insegne a neon e vetrine.
La grande capitale europea somiglia a una bambina un po’ capricciosa e lunatica che sorprende d’ora in ora con pioggia o sole, costringendo i passanti a munirsi di ombrelli o, viceversa, di crema solare.
Non è difficile lasciarsi travolgere da un’allegria improvvisa ogni volta che si raggiunge un borgo. Quasi tutti sono in stile gotico e quasi sempre c’è qualcuno che, con una chitarra in mano, canta qualcosa e immerge tutto ciò che lo circonda in un’atmosfera magica.
Alle 18, dopo borghi, piazze e discorsi, eravamo già tutti davanti al simbolo di Bruxelles: il "Manneken-Pis", cioè la statua di circa cinquanta centimetri raffigurante un bambino che fa la pipì.
Ovviamente questo monumento ha destato commenti di ogni tipo, anche tra i professori c'è chi non è riuscito a capacitarsi fosse davvero quello il simbolo della grande capitale europea.
Più tardi ci siamo divisi tra waffles, risate e baretti fioriti. Molti non si sono fatti sfuggire la visita alla “Delirium”, la birreria più famosa del mondo, che detiene anche dal 2004 il Guinness world record per la vendita delle più svariate tipologie di birre: se ne conterebbero addirittura 1080.
La giornata si è conclusa a Ilôt Sacré, proprio a ridosso della Grand Place, dove “batte” il cuore antico di Bruxelles: l’Îlot Sacré, un labirinto di stradine e vicoli dichiarato Patrimonio dell’Umanità, ha saputo resistere alla modernizzazione urbana e per qualche ora ci ha riportati indietro nel tempo.
Verso le 22 siamo tornati all’ostello e dopo 23 km di cammino, aeroporti e metropolitane, nessuno si è fatto pregare per andare a letto.
La mattina seguente il parlamento Europeo è stato la nostra prima meta, iridescente di cosmopolitismo, nello sventolio di eleganti bandiere d’Europa.
Nel suo fiore si beava estasiato il polline multiforme di culture diverse, tra sogni architettonici di una fratellanza unita proprio nella diversità di ventotto bandiere.
Appena superata l’entrata, sulla destra si trovava anche un frammento del muro di Berlino, pieno di murales e ricordi indelebili.
Ad aspettarci c’era Damiano Zoffoli, un parlamentare di Cesenatico che ci ha fatto da guida per tutta la mattinata.
Nel primo pomeriggio ci siamo diretti, per restare in tema, alla “Casa della storia Europea”, un racconto virtuale messo in scena all’interno di un palazzo di sei piani, tra documenti d’epoca, libri, manifesti, filmati, installazioni interattive e oggetti d’uso comune, come automobili, strumenti musicali e arredi. Vi erano anche giochi culturali, riproduzioni artistiche e proiezioni multimediali, dalla prima Guerra Mondiale fino ai giorni nostri.
Mentre noi ci immergevamo nella storia Europea, fuori era fiorito il sole e, a qualche metro dal museo, sotto un maestoso salice piangente, brillava la luce dentro un laghetto di anatre.
Il bel tempo è durato tutto il pomeriggio e sembrava che il sole ci accompagnasse per le strade.
Dopo una mezz’oretta di cammino abbiamo raggiunto una scalinata da cui si vedeva quasi tutta la città e la torre più alta della Grand Place ergersi fin quasi a toccare il cielo. Qualcuno cantava, qualcun altro dipingeva graffiti.
Da lassù, Bruxelles brillava delle cose belle e magiche. La compagnia era fantastica ed è sorprendete come in viaggio si riscoprano le persone. Tutti sembravamo improvvisamente bisognosi di svelare il nostro lato più vero. Eravamo in quel momento persone prive d’ogni ruolo, incarico o pregiudizio. La spensieratezza ci aveva contagiati  e, dopo una serata passata a rincorrerci nei pub della città, tra karaoke, scherzi e schiamazzi, siamo tornati all’ostello.
La mattina del terzo giorno, appena fuori dalla metropolitana, ci siamo trovati davanti allo stadio di Heysel. Lì è avvenuta la strage del 29 maggio 1985, quando 36 persone sono morte soffocate in un tumulto. La mente, guardando quelle mura, chiedeva di non spingere tra le spire infiammate della dimenticanza il dramma delle vittime innocenti di una calcistica follia. Heysel, che oggi inchioda gli occhi al cielo, con altro nome e volto, tende i suo fari potenti verso le anime di chi in lui entrò vita è uscì morte, per dire che qualcuno lo amò, ma non riuscì a proteggerlo.
Qualche metro più avanti giocava a dominare le corse indomite di indifesi scoiattoli, in un fazzoletto di parco immacolato, il ribollente Atomium: ricostruzione di un cristallo di ferro, addestrato a brillare nel prisma inesplorabile dell'eterno.
120 m di acciaio si ergevano imponenti davanti ai nostri occhi e tutti, per un po’, siamo rimasti con il naso all’insù. Qualcuno poi è salito in cima speranzoso, nonostante la nebbia, di scorgere le punte dell’Olanda in lontananza; qualcun altro, preso dalla stanchezza e sfiduciato per la nebbia, si è diretto verso il museo d’arte moderna.
Nessuno, comunque, è rimasto deluso.
Alle 14 era previsto il ritorno in ostello e, dopo un ultimo giro alla ricerca di un posto in cui mangiare, malinconici, siamo tornati a prendere le valige. Tornando a casa, tutti sembravamo entusiasti dei tre giorni che si stavano concludendo e nessuno parlava d’altro.

Se vi sono istanti di felicità, sono quelli durante i quali si dimenticano le cose brutte.
La felicità, signori miei, è fatta di attimi di dimenticanza.

Sofia Sgarbi, 5 Liceo

La visita al Parlamento Europeo.

Durante la nostra gita a Bruxelles, abbiamo avuto occasione di visitare la sede del parlamento europeo dove siamo stati accolti da Damiano Zoffoli; membro della commissione europea per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare.
Egli ci ha mostrato le sedi principali del parlamento, all’entrata dell’edificio del parlamento vero e proprio c’era posta una parte del muro di Berlino, posto ivi come ricordo della passata divisione di un paese e come monito per i muri che oggi sono presenti in Europa.
Dopodiché abbiamo avuto il piacere di ascoltare qualche breve parola di Zoffoli e di un collega su ciò che accade e come funziona il parlamento. 
È stato molto interessante come ci incitasse a volerci “sentire come a casa nostra” e ad impegnarci per il futuro dell'Europa definendo noi giovani come "il bene più prezioso".

Zoffoli ci ha fatto inoltre qualche esempio di leggi europee che sono state fatte per migliorare la vita di noi cittadini europei. Infine abbiamo terminatola nostra visita visitando il cuore del parlamento, l'emiciclo, dove si svolgono gli incontri dei parlamentari.
Ci è stata spiegata la preziosa e complessa funzione dei traduttori,  la precisa organizzazione di ogni seduta, da come prenotarsi al tempo a disposizione per intervenire, oltre che la funzione del giudice che modera i dibattiti.

Incontrare figure di questa importanza politica è certamente molto rilevante per via dell’impronta che può lasciare nei giovani, anche come occasione di ascolto di un parere diretto di ciò che accade nella comunità europea.


Isabella Torreggiani, 5 Liceo